Bruno

«Non so ancora se questo sarà il mio anno conclusivo in Italia. Cerco di godermi ogni singolo allenamento, ogni partita, ogni viaggio in autobus, ogni palazzetto in cui gioco; perché sono consapevole che potrebbe sempre essere l’ultima volta che li vedo».

Sarà, questa stagione, la “Last Dance” di Bruno Mossa de Rezende in Superlega?

Difficile a dirsi. Quel che è certo è che il palleggiatore del Brasile, leggenda vivente della pallavolo internazionale, è carico di energia come sempre. Rincorre oggi nuovi traguardi con la Valsa Group Modena e sogna Parigi 2024, che potrebbe essere la sua quinta Olimpiade con la maglia verdeoro (tre volte a medaglia, due argenti e un oro).

Quali sono, per Bruno, gli aspetti migliori e i peggiori dell’essere ormai diventato un’atleta “esperto”?

«Sicuramente tra gli aspetti positivi dell’avere 37 anni c’è la maturità di saper capire e riconoscere i momenti di una partita, di una stagione. Quando sei giovane e ti trovi in una situazione di difficoltà, hai più ansia date del fatto che magari le cose non riescano come vorresti. Oggi, dopo aver attraversato quei momenti molte volte, capisco che bisogna avere pazienza, lavorare, ritrovarsi nel quotidiano».

«Un altro aspetto molto importante è la consapevolezza del percorso. Quando sei agli inizi non hai a volte chiaro quanto sia importante lo stare insieme, il fare squadra. Io riesco a vedere che, se si riesce a creare un buon ambiente di positività con gruppo e staff, le stagioni alla fine andranno bene a prescindere dai risultati. Tutti vorrebbero vincere sempre, ma maturità vuole anche dire sapersi godere i momenti di una stagione nel modo giusto».

«Tra gli aspetti negativi dell’avere 37 anni, uno su tutti: sentire di stare arrivando a destinazione. La consapevolezza che mancano ormai pochi anni alla fine della carriera mi lascia un po’ così… perché giocare a pallavolo è la mia passione, quello che mi piace di più al mondo. Sicuramente è un dispiacere. Poi non è da trascurare il fatto che, anche se sono un giocatore che ha avuto pochi infortuni in carriera, fisicamente è normale che io risenta di certi cali».

Bruno “Bruninho” Rezende quest’anno ha presentato un suo libro, un’autobiografia, in cui ha raccontato con grande grande schiettezza i momenti bui della sua carriera. Si chiama “Dal buio all’oro”.

«Il pubblico vede noi atleti sotto i riflettori e le luci dei palazzetti, ma quello che non sente sono tutti i pensieri dentro la nostra testa. Ho provato ad esprimermi nella maniera più aperta, per far capire che siamo umani. Sicuramente anche oggi sento il peso di una sconfitta; ma, rispetto a quando ero giovane, cerco di non lasciare che questo peso mi faccia diventare una persona con cui non è bello stare insieme, tra compagni di squadra o in famiglia. Il meglio della vita di un’atleta è che la prossima occasione arriva subito. Ad esempio la scorsa domenica con Modena abbiamo giocato una bruttissima partita contro Monza; ma non serve consumare troppe energie mentali negative: serve ripartire, lavorare e andare avanti».

Che squadra è quest’anno la Valsa Group Modena?

«Una squadra tutta nuova. Proviamo ogni giorno a crescere, ogni singolo allenamento per noi è oro. Difficile mettersi obiettivi, ma abbiamo tanti ragazzi giovani e motivati, il giusto mix con atleti più esperti, e le potenzialità di crescita sono enormi. C’è la speranza di potersi ancora giocare semifinali o finali con la maglia di Modena: per me è sempre un sogno».

E quindi non ti sei ancora stufato dell’Italia?

«Mai. Certamente non è facile spendere così tanta energia, tanta passione e intensità lontano da famiglia e amici. L’Italia però mi ha cambiato la vita. È la mia seconda casa. Sono sempre stato accolto con affetto dai miei tifosi e con rispetto da quelli avversari. E, soprattutto, qui ho avuto consapevolezza di essere Bruno l’atleta, non solo il figlio dell’allenatore della Nazionale brasiliana».