Tutto inaspettatamente può cambiare e devi esse pronto a cogliere il momento. Ci sono quelle occasioni che possono giungere quando meno te l’aspetti e alle quali devi dimostrare di saper far fronte. E la storia sportiva delle ultime settimane di Alessandro Acquarone, palleggiatore classe 1999, alla sua prima stagione con la maglia dell’Itas Trentino, ne è proprio la dimostrazione. Perché Alessandro forse mai si sarebbe aspettato di entrare in campo nelle fasi calde del primo turno dei playoff e della Champions League per sostituire il palleggiatore titolare, Riccardo Sbertoli, infortunatosi ad un dito.
Superlega 2023
Vivere ogni allenamento come una partita. Alessandro Acquarone e la capacità di farsi trovare pronti
«In allenamento, ad ogni pallone è necessario dare un'importanza tale come fosse l'ultimo del ventiquattro pari di un set di una di una gara ufficiale».
Pubblicato 07:10, 21 mar 2024
E Alessandro, senza paura, ha saputo rimboccarsi le maniche e si è messo a lavorare per tenere alto il valore e il nome della squadra.
Riavvolgendo il nastro ai suoi primi passi nel mondo del volley, si capisce come l’amore per questo sport per lui sia una passione di famiglia. «Ho iniziato a giocare a pallavolo perché entrambi i miei genitori erano dei pallavolisti, mi hanno messo il pallone in mano fin da giovane. Ho iniziato nelle varie giovanili tra Imperia e Alassio, e poi all'età di tredici anni sono andato a giocare in Toscana. Lì ho finito le giovanili, e con la Kemas Lamipel Santa Croce ho disputato un primo anno in serie C, poi in serie B, e la stessa società mi ha poi portato anche in prima squadra dove ho giocato 6 stagioni in A2. Quest’anno sono approdato a Trento».
E nonostante Alessandro abbia provato anche altre discipline, questa è rimasta sempre la sua preferita. «A circa dieci anni, ho giocato quasi un anno a calcio come i miei amici. Contemporaneamente però ho continuato anche a giocare a pallavolo, e alla fine l’ho sempre preferita. Il calcio mi ha annoiato, ora mi piace solo guardarlo, simpatizzo per l’Inter. Ma forse, la vera ragione per cui ho scelto il volley è che, da piccolo, mi divertiva di più perché facevamo diversi tornei e spesso, nel settore giovanile, si vinceva. Forse, allora, il fatto di vincere, di essere tra i più bravi, mi gasava e mi invogliava a giocare sempre di più».
E conseguentemente a questo è arrivato anche il momento di prendere confidenza con il ruolo di palleggiatore.
«Non è stato un caso: i miei compagni di squadra continuavano a crescere, mentre io sono rimasto piccoletto. Un giorno un allenatore mi disse “Ma sai che tu non hai un brutto palleggio? Proviamo a metterti alzatore” ed effettivamente non ha visto male».
Qual è l’elemento che rende così speciale questo ruolo, sfidante e allo stesso tempo così delicato?
«Certo, è un ruolo difficile. Inizialmente l'alzatore sembra essere quel ruolo che non schiaccia e non finalizza mai. Ma pian piano, crescendo, mi sono reso conto che in verità il ruolo del palleggiatore è quello più importante: sei tu il playmaker della squadra, sei tu che decidi ogni azione della partita. Da te passano tutti i palloni, dal primo all'ultimo, e se tu il l'organizzatore del gioco. Secondo me è il ruolo che dà anche più soddisfazione».
Hai una giocata in particolare che prediligi?
«Mi piace molto giocare con i centrali, avere un gioco il più veloce possibile, costruire l’azione più inaspettata. Mi sento un giocatore estroverso».
Rispetto a questo ruolo, hai qualche giocatore a cui ti piace guardare?
«Tra i miei idoli c’è Bruno: da ragazzino lo guardavo sempre perché, quando gioca, ha una carica incredibile. Condividere con lui il campo nei playoff è stata una figata, il cuore batteva molto, c’era tanta adrenalina. È stato veramente bello potersi rapportare con il top della pallavolo mondiale».
Quali emozioni hai provato nel tuo esordio e come stai vivendo questo momento?
«All'inizio avevo parecchia fifa e ansia. Però, i campioni che mi trovo a fianco, i miei compagni di squadra, mi hanno fatto subito sentire tranquillo e a mio agio. Inoltre, ogni giorno, dimostrano la molta fiducia che hanno in me, e questa è una cosa che ritengo sia molto importante. Stiamo continuando ad allenarci e a migliorare quell’affiatamento che prima non c'era perché non ho mai giocato molto con loro. Giorno dopo giorno stiamo provando nuove situazioni, stiamo sistemando le cose che non sono andate bene in queste partite. È un step by step in continua crescita. Sono molto fiducioso perché credo che questo gruppo abbia un margine di miglioramento incredibile».
Ma qual è il segreto per farsi trovare pronti in queste situazioni?
«Sicuramente durante la settimana, durante gli allenamenti, è necessario allenarsi come se fosse una partita. Quindi, ad ogni pallone, ogni punto, dare un'importanza tale come se fosse l'ultimo punto del ventiquattro pari di un set di una gara ufficiale. E poi in quelle situazioni lì, devi essere pronto per forza, non ci possono essere titubanze, devi entrare e cercare di fare il meglio possibile per la squadra. Inoltre, devi essere sempre concentrato, sapere che da un momento all'altro l'allenatore può chiamarti per farti entrare in campo. Per questo durante la settimana, ogni allenamento bisogna considerarlo come fosse una partita, la tua partita, perché è possibile che durante il match della domenica effettivamente ci sia necessità di entrare a freddo o comunque in momenti importanti della gara. E qui devi essere pronto».
Alla luce di questo, che valore ha l’allenamento?
«L'allenamento rispecchia la partita. Se spingi dal primo giorno d'allenamento all'ultimo, arrivi poi alla partita e al giorno della gara che sei sicuramente più pronto, più preparato. Se tu ti alleni bene, giochi bene. Durante il campionato, l’allenamento viene svolto in funzione delle partite e ci alleniamo in base all’avversario che ci troveremo davanti, sistemiamo e correggiamo le cose che non sono andate benissimo nella partita precedente».
E in questo periodo così pieno, hai qualche passione che riesci a coltivare al di fuori del campo?
«Nei giorni liberi mi piace uscire e stare all’aria aperta, anche con i compagni di squadra. In caso contrario, sto a casa, ascolto la musica e mi rilasso un po’. Mi piace ascoltare quasi tutti i generi di musica, dalla tecno alla classica passando per il pop. Ad esempio non ho una playlist precisa pre partita ma cambia quasi sempre a seconda di come sta andando la giornata e dalla tensione, se ho bisogno di caricarmi è musica più spinta, se ho bisogno di rilassarmi più tranquilla».
Che consiglio daresti a un giocatore che sta vivendo la tua stessa situazione?
«Gli direi di stare il più tranquillo possibile e di non pensarci, perché più pensi, peggio è. Non è facile, però effettivamente bisogna cercare di stare il più tranquilli possibili e rilassati in questi momenti. Qualsiasi partita si stia giocando, bisogna veramente pensare di essere al campetto a giocare con gli amici».