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Lo sport è un’attività che fa intessere amicizie e rapporti duraturi nel tempo. Questo, secondo Damiano Catania, giovane libero dell’Allianz Milano, è uno degli elementi che rende la pallavolo e lo sport qualcosa di davvero speciale.

«Un giovane di qualsiasi età dovrebbe iniziare a fare sport perché a livello sociale ti dà tantissimo».

È Damiano, che di anni ne ha 23, lo afferma consapevolmente visto che anche lui lo ha vissuto in prima persona.

«Penso che questo sia una parte bellissima del nostro lavoro. Quando vivi un’intera stagione con lo stesso gruppo di persone, condividi più che con una famiglia. Ti vedi ogni giorno, mattina e pomeriggio, tutti i giorni. Affronti stress e sfide, e quindi i rapporti si consolidano. Ho diversi amici nelle squadre passate, sia negli anni a Piacenza che a Cisterna, e anche nelle squadre in cui ho giocato in A2. Fra questi poi, ci sono alcuni rapporti che sono più stretti e con cui ho condiviso veramente ogni esperienza, ad esempio il gruppo della nazionale giovanile, fra cui c’è anche Paolo Porro con cui adesso condivido anche l’esperienza del club. Noi due abbiamo praticamente condiviso ogni estate, ogni giorno, tutti i giorni».

Di certo non è semplice, ma Damiano è riuscito a mantenere anche i rapporti costruiti negli anni di gioco in Sicilia, la sua terrà natia. «Sono molto legato alla vecchia guardia e ai ragazzi con cui ho giocato da quando avevo dodici/tredici anni».

E proprio la Sicilia, e in particolare Catania, sono stati il luogo dove sua la grande passione per il volley è nata. «Il mio primissimo approccio con il volley è stato grazie a mia sorella. Io giocavo a calcio e andavo a vedere, insieme ai miei genitori, le sue partite. Guardando lei mi sono appassionato e mi son detto “perché non provare?!”. Negli anni delle scuole elementari e medie ho iniziato a fare qualche torneo e da lì ho smesso di giocare a calcio e ho deciso di giocare a pallavolo».

Il ruolo di libero, che oggi lo vede come uno dei giovani più promettenti del nostro campionato, è un ruolo che ha fatto proprio nel corso del tempo, apprezzandone ogni sfumatura.

«È un ruolo che mi è capitato per caso. All’età di quattordici anni ho partecipato, in Sicilia, al Trofeo delle Regioni, che per noi giovani rappresenta una buona vetrina per mettersi in mostra. In quell’occasione, mi è stato affidato il ruolo di libero. Da lì poi ho continuato a fare un po’ lo schiacciatore e un po’ il libero fino a quando chiaramente non c'è stata la transizione totale».

È stato semplice abbandonare la schiacciata per concentrarsi unicamente sulla difesa e la ricezione?

«Sicuramente, all'inizio, quando ero piccolino, un po' ho sofferto il fatto di non essere più parte offensiva, non poter scaricare un errore con un attacco o con una battuta. Poi, però, ho iniziato a giocare libero e ho iniziato ad amare questo ruolo che è veramente un ruolo di sacrificio, un ruolo che può dare tanto alla squadra sia a livello di energia, sia a livello di abilità andando a toccare un pallone, una copertura, esserci per il compagno. Queste sono tutti gli elementi che amo del mio ruolo. Se posso essere d'aiuto, con qualsiasi cosa per la mia squadra, mi metto a disposizione. Secondo me il libero è un ruolo di sacrificio, che si mette a totale disposizione della squadra».

E nel panorama italiano, la concorrenza in questo ruolo così delicato è davvero molto grande.

«Io cerco sempre di prendere un po’ spunto dai migliori e provare, tutti i giorni, ad allenarmi in palestra e provare a migliorarmi. Per citarne alcuni, mi viene in mente Jenia Grebennikov che è un fenomeno o il libero del Brasile, Sérgio dos Santos, che è stato uno dei primi ad interpretare questo ruolo. Arrivare ai loro livelli è molto difficile perché sono dei fuoriclasse. Mi piace guardare a loro però poi spetta a me andare in campo e mettere in pratica tutto ciò che provo ogni giorno, ogni settimana in allenamento. È molto bello avere una concorrenza così importante in campionato perché siamo tutti liberi giovani e questo non può che stimolarci».

La carriera del libero siciliano l’ha portato, dopo alcune esperienze in A2, a giocare in A1, nelle ultime tre stagioni con Piacenza, Cisterna e quest’anno a Milano.

«Il primo anno ho giocato molto meno e sono stato protagonista nella parte finale della stagione, non con il ruolo di libero, ma come aiuto nel giro in seconda linea. È stato un anno di ambientamento. Ho fatto poi la scelta di spostarmi a Cisterna, una squadra che puntava alla salvezza e siamo riusciti a fare un bel campionato. Da quell’esperienza in poi ho preso più consapevolezza. Quello che non mi è mancato invece credo sia l'energia e la grinta che mi contraddistingue. Quest’anno, a Milano, gli obiettivi sono stati più importanti. Ho potuto giocare e giocherò con giocatori di grande livello tecnico e umano. Da loro cerco di prendere il meglio, sia in palestra che negli spogliatoi».

Poche settimane fa per Damiano è arrivata, per il secondo anno, anche la convocazione in azzurro da parte di Ferdinando De Giorgi.

«Il mio primo pensiero è stato quello che sicuramente se c'è stata una convocazione, c'è stato un buon lavoro, e quindi è la conferma del percorso, che piano piano. Siamo giovani, quindi abbiamo ancora molto da crescere e da imparare. La chiamata in azzurro quindi è ancora di più uno stimolo. Giocare con la maglia della nazionale per me è sempre un motivo di orgoglio, un'emozione che non ha paragoni, vestire quella maglia e poi andare nelle manifestazioni, cantare l’inno sono delle cose che per me non hanno confronto. Questo mi inorgoglisce e mi spinge a dare sempre di più e a provare a mettere in difficoltà le scelte dell’allenatore dando il mio, allenandomi, mettermi a disposizione della squadra, quello che faccio sempre, ogni giorno».

A fianco alla carriera sportiva, Damiano ha portato avanti anche la carriera universitaria che lo ha portato, due mesi fa, ad ottenere la laurea magistrale in Management dello Sport.

«La carriera sportiva è una carriera particolare, quindi sicuramente un'alternativa te la devi creare. Inoltre, a me piace avere sempre nuovi stimoli e imparare qualcosa di nuovo. Per me continuare il percorso di studi è stato qualcosa di doveroso. Inizialmente ho scelto economia, mi piace molto e mi informo sempre di finanza e mi piace leggere libri sul tema».

A chi gli chiede se sia più difficile discutere una tesi o difendere una battuta, Damiano ha le idee chiare. «Sicuramente una battuta, dato che ogni giorno mi alleno per questo lì e provo a farlo al meglio. Per la tesi invece ho solo sentito un po’ di pressione in più, ma momentanea».