Per Ana Carolina Da Silvia tutto è cominciato guardando le Olimpiadi in televisione con sua mamma.
«Prima i maschi della pallavolo, poi le ragazze. Ero entusiasta. Ricordo che a un certo punto mamma ha detto qualcosa come: “Un giorno potresti diventare anche tu una di loro”. Nella mia testa qualcosa è scattato e mi son risposta: “Ok, ce la posso fare”. Sono una persona che adora trasformare le parole in azione. Ho cercato subito di imparare tanti sport diversi, cominciando dalla pallamano, ma l’ho dovuta mollare perché il contatto fisico non faceva per me. Era troppo aggressivo come gioco e, essendo io molto competitiva, finivo le partite troppo infuriata. Mi ci vuole una rete in mezzo a dividermi dalle avversarie».
Quello che è venuto dopo è una folgorante carriera che l’ha portata a essere una stella della Nazionale brasiliana, salendo due volte sul podio dei Mondiali e una su quello delle Olimpiadi (medaglia d’argento a Tokyo 2021). Eppure Carol è relativamente bassa per un centrale: “solo” 1 metro e 83, mentre le avversarie nel suo ruolo sono spesso più di 1 metro e 90. Come è riuscita a compensare?
«Non ho mai visto l’altezza come un problema – risponde -. Semplicemente, questo ha comportato che in palestra io debba essere sempre al mio 100 per 100, sia fisicamente che mentalmente. Tutto ciò che faccio, lo faccio col cuore e con la testa focalizzati. C’è poi un grande aspetto nello sport di squadra che a volte si sottovaluta: la possibilità di compensarsi reciprocamente nelle proprie debolezze e punti di forza. In un team c’è magari chi è più alto e lento, c’è chi è più basso e rapido. Io credo che tutti siamo speciali nel nostro modo di giocare e nelle nostre qualità: in gruppo bisogna supportarsi a vicenda e fare in modo che risaltino».